cominciamo da qui

sabato 19 gennaio 2008

terza tappa

tolti i momenti pulp, aggiunte un paio di scene, ritoccato qua e là, ovviamente ancora in stato malleabile.

consigli, domande, insulti e appunti anche pignoli sono ben accetti, nonché qualsiasi suggerimento sul titolo.
Sentì bussare così scese dalla ringhiera e andò ad aprire la porta.
Il vecchio entrò e le porse un uccellino di cristallo. Lei lo rigirò fra le mani osservandolo attentamente.
“È incredibile, è ancora intero? non si è nemmeno scheggiato!”
“Sì, è scivolato sugli ombrelloni del bar e mi è caduto sulla pancia proprio due minuti fa, mentre facevo colazione”
L’uomo era vestito in modo estremamente elegante, quasi retrò. Giacca e pantaloni di taglio perfetto in gessato grigio scuro, camicia bianca e cravatta rossa, bastone con il pomo argentato che brillava nell’atrio dell’appartamento della donna così come le quattro lamette che portava nel taschino della giacca aperte a ventaglio come un rigido fazzoletto.
La donna lo ringraziò per la gentilezza e lo accompagnò alla porta. Prima di uscire, fermo sull’uscio, le disse che il bar stava per chiudere. La moglie del barista aveva armeggiato con il forno con cui ogni mattina cocevano i cornetti, parlava da anni di voler mettere la testa dentro e aprire il gas per vedere cosa sarebbe successo e quanto tempo le sarebbe occorso per scoprire la verità.
Proprio mentre cadeva l’uccellino di cristallo, la donna aprì lo sportello, girò la manopola alla temperatura intermedia e infilò dentro la testa appoggiando la guancia sul piatto interno.
Il vecchio le spiegò diligentemente le reazioni del barista alla vista della moglie con il microonde per cappello, che bestemmiò un pochino maledicendo quella donna distratta che non si era nemmeno accorta della sostituzione del forno a gas.
Il vecchio quindi la salutò mostrandole i polsi e girò sui tacchi con la leggerezza di un ballerino.
La donna uscì fuori sul balcone e posò nuovamente l’uccellino sulla ringhiera, poi vi salì anche lei.

Cercava di fissare l’orizzonte e di non abbassare gli occhi verso il vuoto, ma si sentì chiamare così piegò in giù la testa e guardò la strada. Una ragazza agitava un braccio verso di lei, in mano aveva una piccola rondine di legno. Allora si voltò e controllò la fila alla sua destra: in effetti, l’uccellino di balsa mancava all’appello.
Fece cenno alla ragazza di salire su, poco dopo era davanti la sua porta.
“Ho sentito qualcosa che mi cadeva in testa, fortuna che è leggera e che avevo il cappello...”
La ragazza si sedette a tavola senza aspettare un invito e guardò la caffettiera. La donna sospirò leggermente e poi cominciò a preparare il caffè, era in debito, quella ragazza con un sombrero enorme in testa aveva salvato la sua rondine.
“Ero uscita per un caffè ma al bar sta succedendo di tutto”
“Beh, lo prenderai qui, credo anche che il mio sia migliore...”
La ragazza giocherellava con le sue collane colorate facendo scorrere il dito lungo la fila di pastiglie e capsule, sbadigliò, chiese scusa, allungò le mani verso la tazzina di caffè e disse che ne aveva proprio un gran bisogno e bevendo le raccontò cos’altro era successo al bar.
Il barista passò un braccio attorno la vita della moglie e la tirò via dal microonde spento e sulle prime con molta calma cominciò a spiegarle il funzionamento basilare degli elettrodomestici che avevano lì dentro. Ma arrivata a “lo spurgo della macchina del caffè con sale grosso e limone” le spalle della donna scesero di un poco e lei cominciò a osservare ciclicamente i quattro angoli del soffitto.
Il barista non demorse, aprì il cassetto dove teneva tutte le garanzie e i libretti delle istruzioni, tirò fuori tutto e porse questi ultimi alla moglie, scoprendo così la pistola che teneva sul fondo. La prese, se la puntò alla tempia e fece fuoco sporcandosi metà faccia con la polvere da sparo bruciata e mandando il proiettile a rimbalzare contro la pesante cappa sopra la friggitrice.
Sulla soglia del bar, la ragazza non era riuscita a vedere poi che direzione avesse preso il proiettile schizzato fuori dalla vetrina laterale, perché in quel momento si sentì colpire in testa da qualcosa e tastando sul cappello, senza toglierselo, trovò la rondine.
La donna, alla fine del racconto, tolse la tazzina vuota dal tavolo e rimase in piedi a fissare la ragazza in silenzio finché questa non disse che per lei era arrivato il momento di andare via.
Alzandosi ringraziò nuovamente “avevi ragione, il tuo caffè è migliore di quello del bar”.
La donna sorrise, la salutò e ricambiò i complimenti per il suo caffè con degli altri, sinceri, per le collane negli sgargianti colori dei barbiturici.

Nel risalire sulla ringhiera fece attenzione, questa volta, a non far cadere niente. La fila di uccellini, al completo, stava in bilico sul bordo arrotondato di ferro. Come lei, ognuno fissava dritto davanti a sé. Una volta in piedi osservò attentamente la forma del quartiere e poi più in là l’inizio della periferia. Finalmente riuscì a capire la morfologia della sua città, finalmente vide la prima linea di fuga, che partiva da sotto casa sua, alla fermata del treno, e proseguiva lungo i binari verso sud-est. È stato per vedere verso cosa portasse che si sporse un poco di più e fece cadere l’uccello di terracotta.
Chiuse gli occhi per non vedere la triste fine dell’oggetto, quando li riaprì, un ragazzo vestito con un sacco di iuta la salutava dal marciapiede. Sottobraccio un cesto pieno di teste d’aglio.
Quando fu di sopra cercò nel cesto e mise sul tavolo prima un mozzicone di candela e poi il pettirosso di terracotta.
Raccontò alla donna di avere un fratello giù, legato ai binari, un fratello più basso di lui, con mani più delicate e piedi più piccoli. Mentre l’uccellino cadeva, il treno arrivava, un proiettile vagante tranciava i fili elettrici della linea bloccando la locomotiva qualche metro più su e un anziano ed elegante signore rimasto in mezzo la strada elogiava l'essenzialità di una buona mira e della mano ferma in certi casi, suo fratello gli stava cantando una canzone sulle navi e sul mare.
Il ragazzo parlava, in piedi vicino il tavolo, vestito col suo sacco che gli lasciava scoperte le braccia forti e che era tenuto su da una lunga fune che lui non teneva solo legata in vita ma che gli si arrotolava lungo tutto il torace.
La donna prese le gerbere rosse dal vaso al centro del tavolo, tagliò via i gambi più lunghi e prese ad appuntarle lungo i giri della fune.
Il ragazzo uscì poco dopo, elogiando il design e la solidità dei lampadari di quella casa.

La signora del palazzo di fronte entrò con un vassoio di fettuccine fresche, l’usignolo di porcellana bianca posato al centro. L’aveva visto cadere mentre attraversava la strada per portarle la pasta - a casa sua una televisione muta e un marito che non ne voleva sapere di uscire dalla vasca da bagno le avevano suggerito l’idea di pranzare da lei – poi l’uccello era atterrato soffice e indenne.
La donna guardò quella signora paffuta, guardò la pasta che ancora le stava porgendo, prese una pentola e con indolenza la riempì d’acqua e la mise sul fuoco, precisando prima di non avere fame.
La vicina aveva assistito dalla finestra all’incidente sulla linea del treno e sapeva che l’elettricità era stata tolta in tutta la zona per i lavori di ripristino, così non si era preoccupata mai nemmeno quando aveva sentito il marito urlare, aveva pensato piuttosto che fosse l’improvviso entusiasmo dovuto al ritrovare qualche utilità in un phon dopo anni di calvizie.
Si lisciò con le mani il grembiule infarinato, la tasca centrale gonfia di sassi.
Mentre la pasta coceva e i vetri della finestra si appannavano per il vapore, la vicina continuava a guardare fuori, prima verso la sua casa, che stava proprio di fronte a lei, poi verso il confine della città e il fiume grigio che lo segnava.

lunedì 14 gennaio 2008

seconda versione - con "aggiunta"

Sentì bussare così scese dalla ringhiera e andò ad aprire la porta.
Il vecchio entrò e le porse un uccellino di cristallo. Lei lo rigirò fra le mani osservandolo attentamente.
“È incredibile, è ancora intero? non si è nemmeno scheggiato!”
“Sì, è scivolato sugli ombrelloni del bar e mi è caduto sulla pancia proprio due minuti fa, mentre facevo colazione”
L’uomo era vestito in modo estremamente elegante, quasi retrò. Giacca e pantaloni di taglio perfetto in gessato grigio scuro, camicia bianca e cravatta rossa, bastone con il pomo argentato che brillava nell’atrio dell’appartamento della donna così come le quattro lamette che portava nel taschino della giacca aperte a ventaglio come un rigido fazzoletto.
La donna lo ringraziò per la gentilezza e lo accompagnò alla porta. Prima di uscire, fermo sull’uscio, le disse che il bar stava per chiudere. La moglie del barista aveva armeggiato con il forno con cui ogni mattina cocevano i cornetti, parlava da anni di voler mettere la testa dentro e aprire il gas per vedere cosa sarebbe successo e quanto tempo le sarebbe occorso per scoprire la verità.
Proprio mentre cadeva l’uccellino di cristallo, la donna aprì lo sportello, girò la manopola alla temperatura intermedia e infilò dentro la testa appoggiando la guancia sul piatto interno.
Il vecchio le spiegò diligentemente il rumore che si sentì e le reazioni del barista alla vista della moglie con un forno a microonde per cappello, che bestemmiò un pochino maledicendo quella donna distratta che non si era nemmeno accorta della sostituzione del forno a gas.
Il vecchio quindi la salutò mostrandole i polsi e girò sui tacchi con la leggerezza di un ballerino.
La donna uscì fuori sul balcone e posò nuovamente l’uccellino sulla ringhiera, poi vi salì anche lei.

Cercava di fissare l’orizzonte e di non abbassare gli occhi verso il vuoto, ma si sentì chiamare così piegò in giù la testa e guardò la strada. Una ragazza agitava un braccio verso di lei, in mano aveva una piccola rondine di legno. Allora si voltò e controllò la fila alla sua destra: in effetti, l’uccellino di balsa mancava all’appello.
Fece cenno alla ragazza di salire su, poco dopo era davanti la sua porta.
“Ho sentito qualcosa che mi cadeva in testa, fortuna che è leggera e che avevo il cappello...”
La ragazza si sedette a tavola senza aspettare un invito e guardò la caffettiera. La donna sospirò leggermente e poi cominciò a preparare il caffè, era in debito, quella ragazza con un sombrero enorme in testa aveva salvato la sua rondine.
“Ero uscita per un caffè ma al bar sta succedendo di tutto”
“Beh, lo prenderai qui, credo anche che il mio sia migliore... ho sentito, la moglie del barista, povera donna...”
La ragazza giocherellava con le sue collane colorate facendo scorrere il dito lungo la fila di pastiglie e capsule, sbadigliò, chiese scusa, allungò le mani verso la tazzina di caffè e disse che ne aveva proprio un gran bisogno e bevendo le raccontò cos’altro era successo al bar.
Il barista, alla vista del cadavere della moglie, prese la pistola, se la puntò alla tempia e fece fuoco facendosi saltare via l’orecchio destro e colpendo la pesante cappa sopra la friggitrice. Mentre era chinato e si teneva la guancia e il posto dove prima c’era il suo orecchio, la cappa si staccò dal soffitto e lo colpì sulla schiena e dietro la nuca. Rimase schiacciato lì sotto mentre l’ambulanza che era accorsa per la moglie, già ripartita da qualche minuto a sirene spente, veniva richiamata indietro da un anziano ed elegante signore che rimasto in mezzo la strada aveva cominciato a parlarle dell'essenzialità di una buona mira e della mano ferma in certi casi.
Non era riuscita a vedere in che stato fosse mentre lo caricavano sull’ambulanza vicino alla sua compagna perché in quel momento si sentì colpire in testa da qualcosa e tastando sul cappello, senza toglierselo, trovò la rondine.
La donna, alla fine del racconto, tolse la tazzina vuota dal tavolo e rimase in piedi a fissare la ragazza in silenzio finché questa non disse che per lei era arrivato il momento di andare via.
Alzandosi ringraziò nuovamente “avevi ragione, il tuo caffè è migliore di quello del bar”.
La donna sorrise, la salutò e ricambiò i complimenti per il suo caffè con degli altri, sinceri, per le collane negli sgargianti colori dei barbiturici.

domenica 13 gennaio 2008

prima stesura

Sentì bussare così scese dalla ringhiera e andò ad aprire la porta.
Il vecchio entrò e le porse un uccellino di cristallo. Lei lo rigirò fra le mani osservandolo attentamente.
“È incredibile, è ancora intero? non si è nemmeno scheggiato!”
“Sì, è scivolato sugli ombrelloni del bar e mi è caduto sulla pancia proprio due minuti fa, mentre facevo colazione”
L’uomo era vestito in modo estremamente elegante, quasi retrò. Giacca e pantaloni di taglio perfetto in gessato grigio scuro, camicia bianca e cravatta rossa, bastone con il pomo argentato che brillava nell’atrio dell’appartamento della donna così come le quattro lamette che portava nel taschino della giacca aperte a ventaglio come un rigido fazzoletto.
La donna lo ringraziò per la gentilezza e lo accompagnò alla porta. Prima di uscire, fermo sull’uscio, le disse che il bar stava per chiudere. La moglie del barista aveva armeggiato con il forno con cui ogni mattina cocevano i cornetti, parlava da anni di voler mettere la testa dentro e aprire il gas per vedere cosa sarebbe successo e quanto tempo le sarebbe occorso per scoprire la verità.
Proprio mentre cadeva l’uccellino di cristallo, la donna aprì lo sportello, girò la manopola alla temperatura intermedia e infilò dentro la testa appoggiando la guancia sul piatto interno.
Il vecchio le spiegò diligentemente il rumore che si sentì e le reazioni del barista alla vista della moglie con la testa cotta dal forno a microonde, che bestemmiò un pochino maledicendo quella donna distratta che non si era nemmeno accorta della sostituzione del forno a gas.
Il vecchio quindi la salutò mostrandole i polsi e girò sui tacchi con la leggerezza di un ballerino.
La donna uscì fuori sul balcone e posò nuovamente l’uccellino sulla ringhiera, poi vi salì anche lei.

mercoledì 9 gennaio 2008

clusters, ragtime, chiaroscuro

glissando sul fallo
allena le tue dita

sabato 5 gennaio 2008

bozzetti