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sabato 7 luglio 2007

Enzimi|Personaggi 2: Marco

Dicono che un vero scrittore sa guardarsi intorno in cerca di storie.
Ho sentito quel gran figo di Colson Whitehead dire in un'intervista che lui gira per New York col suo bloc-notes in mano per fissare appunti su ciò che lo circonda, poi, tornato a casa, riprende quegli appunti e ci costruisce su racconti e romanzi.
A me sembra invece che sia tutto nella mia testa, forse è per questo che non sono una scrittrice. Forse è per questo che, semmai ho fatto qualcosa che somigliasse alla
scrittura, ora comunque non lo faccio più.

L'altro giorno però in metropolitana seduto di fronte a me c'era un uomo sulla quarantina, decisamente elegante, fisico asciutto e carnagione scura, occhi azzurri, capelli neri cortissimi, niente fede ma anello di acciaio al pollice, un piccolo tatuaggio sul lato del collo che spuntava dal colletto della camicia (credo fosse un tribale ma non lo vedevo bene), che a un certo punto mi guarda e mi sorride: denti bianchi e perfetti, che mi fanno venire voglia di un morso.
Ora, se fossi stata una scrittrice avrei potuto appuntare sul mio quaderno i tratti salienti di una storia in cui lui si chiamasse Marco e io in qualsiasi modo lui volesse chiamarmi, per poi arrivare a casa come mr. Whitehead, pestar giù sulla tastiera e dar corpo alla relazione amorosa più pazzesca si sia mai vista sulla linea metro A di Roma. In ogni caso, lui, con questa aria da uomo realizzato, inserito e perfettamente sicuro di sé, ma che al tempo stesso lasciava intendere la voglia ancora viva di trasgredire e di divertirsi anche fuori dalle regole, si presterebbe bene a ispirare un interessante personaggio.
Ma non sono una scrittrice.
Marco, però deve aver pensato che lo fossi, perché mi ha vista intenta a scribacchiare sulle mie paginine a righe.
Solo la vecchina che mi era di fianco, invece, ha visto che stavo buttando giù disegnini osceni da quarta elementare.
Ognuno, dico io, asseconda la propria inclinazione.

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