cominciamo da qui

mercoledì 10 ottobre 2007

Circolarità

Si svegliò. Sopportabile il prurito, forse quasi piacevole.
Sulla schiena, a segnare ogni vertebra, piccole gemme, primordi di nuovi rami.
Scordò sul cuscino i vecchi petali appassiti. Spalancò la finestra per far sì che fosse altro, fosse il vento, a preoccuparsi di soffiarli via.

A svegliarmi è il prurito, sopportabile, quasi piacevole. A ricordarmi di ogni vertebra, piccole gemme sulla schiena, primordi di nuovi rami.
Alzandomi lascio sul cuscino i vecchi petali appassiti. Apro la finestra per far sì che spetti ad altri, che spetti al vento, soffiarli via.

sabato 6 ottobre 2007

Il re è nudo, VIVA IL RE!

- è forse la figlia del conte pazienza quella fanciulla nell'angolo?
- no, può sembrare, ma non è lei
- è allora damigella remissione?
- oh no, sire, a prima vista forse, ma prestate attenzione
- non capisco, appare così mite
- voi osservate da lontano, avvicinatevi, vi prego
- oh ciambellano, vorreste dirmi che è lei?
- certo sire, come potete non riconoscere Fräulein...
- Indifferenza... siamo arrivati a questo punto?
- sì, Gleichgültigkeit, fino al punto
- credevo stesse aspettando me per danzare e che nascondesse dietro la mano il disappunto per il mio ignorarla
- no, sapete bene che ella danza solo in riva al fiume: dietro quelle esili dita sta ridendo di voi, sire
Il re guardò verso il basso e vide la sua pancia nuda.
Si tolse allora la corona dalla testa per coprire le pudenda.

venerdì 5 ottobre 2007

VECCHI PORCI
III
Ricongiungimenti

Si sedette sul bordo del letto, con le gambe larghe. Aveva dovuto tirare su un po' la gonna e ora aveva le ginocchia scoperte. L'infermiera lo guardava con una curiosità spenta. "Ah, lei è Ada" aveva detto, ma sembrava non crederci del tutto. Si disse fra sé che i vecchi sono come i neonati, nessuno può capire davvero se sono maschi o femmine senza guardare i genitali. Così si ricompose, stringendo le gambe e tirando un po' il bordo della gonna con il pudore di una vecchia signora, la guardò fissa e le disse di lasciarli soli.
La donna prima di andarsene gli disse che era stata lei a scrivere, sotto dettatura del signor Guideni, la cartolina. Disse povero signor Guideni, povero ci teneva molto a incontrarla di nuovo, ma ora non è più consapevole di ciò che ha intorno. Oramai. Scuoteva un po' la testa ma non era rammaricata. Povero, continuava a dire, coma diabetico, povero, ci teneva.
Le guardò il viso scialbo, con quegli occhietti che non esprimevano niente altro che un leggero rimprovero rivolto a nessuno in particolare, le gambe tozze, le mani già da vecchia. Pensò alla figliola che si era figurato qualche giorno prima con l'intenzione di tirarsi una sega.
"Dalla calligrafia ti avrei immaginata molto diversa, sai cara?"
Ecco perché non aveva funzionato, ecco perché.
Le sorrise, salutandola con il capo. I ricci della sua parrucca rimasero immobili.

Rimasto solo con quel vecchio si rimise comodo, si tolse le scarpe e allargò un po' le cosce. Se quel che rimaneva del giovane che mentre lui era prigioniero dei tedeschi in Grecia apprendeva da sua moglie i primi rudimenti del sesso avesse avuto un briciolo di vista, da quell'angolazione avrebbe potuto vedere sotto la sua gonna. Il fatto di portare le mutande di sua moglie, che fino ad allora gli era sembrato naturale, all'improvviso lo turbò. Pensare che quell'uomo avrebbe potuto sbirciare fra le sue gambe, pensare che il suo coso ora premeva contro quelle stesse mutande che aveva indossato lei. Pensare, finalmente senza più gelosia ma con una punta d'orgoglio, che quei rudimenti era stato proprio lui a insegnarli alla moglie, che prima di incontrarlo era solo spaventata dalla confusa idea del peccato che aveva. Tutto lo turbava. Piacevolmente.
Rilesse mentalmente le prime lettere che Matteo e Ada si erano scritti. I vari pezzi di ricordi con cui era riuscito a ricostruire cosa successe fra loro.
Il viso del vecchio in coma nel letto stava tornando quello dolce e sbarbato del giovanetto sulla foto. Gli prese la mano e la portò dove finalmente, insperato, aveva avvertito un movimento.
Guardò con un senso di vaga giustizia i tubi che tenevano il corpo del suo nemico sospeso in una zona imprecisata fra la vita e la morte. Nemico e ultimo amico, amico avuto pure con l'inganno, questo è vero, ma l'ultima persona che gli aveva donato delle parole d'affetto. Che non fossero rivolte direttamente a lui ma a sua moglie era insignificante, al collo aveva la catenina di lei, portava la sua gonna, scriveva con la sua calligrafia, portava le sue mutande, l'infermiera l'aveva chiamata, proprio dieci minuti prima, Ada.
Portava le sue mutande.
La mano inerme che aveva in mezzo le gambe era contemporaneamente la mano di Matteo fra le gambe di sua moglie e quella di sua moglie fra le sue gambe. Ed era la sua mano che guidava quella di entrambi, lui che alla fine si era dimostrato il più forte fra i tre, lui che alla fine era ancora vivo ed eccitato, ancora vivo e duro.
Cercò di nuovo la voce della moglie nella sua gola, sospirò prima il suo nome, così come lei, pudica, non aveva mai fatto, Elio, poi quello del suo amante.
Il corpo di Matteo fu scosso da piccoli scatti nervosi, la mano si chiuse, solo un attimo.
Elio e Ada sorridevano, finalmente riappacificati l’uno con l’altro e ognuno col proprio corpo.
Elio sfilò la mano di Matteo dalle proprie mutande, la sollevò e rimase a fissare con incredulità e soddisfazione l'ultimo insperato rigurgito della sua virilità che vi era rimasto attaccato. Scostò il lenzuolo e gliela infilò nei pantaloni del pigiama.
L'infermiera dalle piccole pi, poco più tardi, passando dal letto del povero, povero signor Guideni, avrebbe gridato al miracolo.

giovedì 4 ottobre 2007

VECCHI PORCI
II
Una voglia diffusa

Guardava la foto di quel ragazzetto dai lineamenti delicati e cercava di immaginarselo ormai vecchio, vecchio quasi quanto lui. Cinque anni di meno aveva Matteo, e quei cinque anni l'avevano salvato dal partire per la guerra. E così mentre lui era lontano e scriveva lettere d’amore alla donna pudica e timorata di dio che aveva lasciato sola a casa, lei e quel ragazzino scoprivano improvvisamente che quel peccato da cui tutti volevano tenerli lontani era incredibilmente piacevole.
Per quanto nel giro di pochi anni le loro situazioni si sarebbero ribaltate, lui nuovamente e legittimamente al fianco di lei e Matteo lontano e relegato nella sola condizione di scriverle delle lettere, Elio non avrebbe mai avuto la sua giustizia, non sarebbe mai arrivato a conoscerla veramente: quella che si ritrovava in casa era tornata ad essere la piccola fanciulla casta e disinteressata al sesso.
Eppure quel ragazzo ormai era un vecchio come lui, più vecchio di lui, perché la solitudine che lo stava consumando in quegli anni di lutto, su Matteo aveva avuto molto più tempo per scavare le guance e far cadere le spalle, aveva avuto una vita intera.
Nell'ultima cartolina che era arrivata, attraverso la calligrafia piccola e tonda di una qualche infermiera, Matteo le chiedeva di raggiungerlo, per poterle stringere la mano un'ultima volta, nient'altro voleva che sentire la sua voce e stringerle le mani.
Prima di prendere in considerazione l'invito, prima di recepire del tutto l'idea che l'amante di sua moglie stava morendo, cercò di immaginare l'infermiera che aveva scritto quella cartolina. Quelle lettere così rotonde e minuscole, immaginò una ragazza dalla carne morbida e liscia, come quelle piccole pi.
Ma niente, niente, nemmeno la soddisfazione di una mezza erezione, eppure l'infermiera nella sua testa era davvero un amore di fanciulla.
Da quando poi aveva cominciato a essere Ada, da quando, dopo la morte di lei, aveva cominciato a rispondere al suo posto alle lettere di quell'uomo, gli sembrava volgare e sporco solo pensare di poter prendere qualche pastiglia e andarsene con una puttana. Così, nella sua solitudine, anche il suo coso (così lo chiamava Ada, quelle pochissime volte che aveva dovuto nominarlo, abbassando gli occhi e dicendo il tuo coso) l'aveva abbandonato lasciando al suo posto un'appendice goffa e imbarazzante nella sua inutilità. Era rimasta solo una voglia diffusa attraverso tutto il corpo che non sarebbe stata in grado di convogliare sangue in nessun punto specifico.

Aveva deciso alla fine, sarebbe andata. Doveva scegliere cosa mettere in valigia. Sarebbe uscito come Elio, per non destare sospetti, e una volta arrivato lì si sarebbe cambiata d'abito nel bagno dell'ospedale.
L'idea che non poteva non andare le era arrivata mentre stava in piedi fra le ante aperte dell'armadio con i loro specchi interni che moltiplicavano la sua figura all'infinito. Era sempre stata affascinata da quell'effetto, quante volte suo marito l'aveva spiata mentre muoveva le gambe e le braccia in una sorta di balletto privato con tutte quelle repliche di sé che la seguivano in sincronia.
Si guardò meglio, con la maglia del pigiama sgualcita addosso, penzolante come la sua pelle. Si tirò su drizzando le spalle. Per Matteo che era ormai cieco avrebbe indossato il vestito delle nozze d'oro, giacca e gonna blu con la camicetta bianca a piccoli fiori. E avrebbe comprato una parrucca, dai capelli grigi. E avrebbe riaperto quelle scatoline con i trucchi che erano rimaste nei ripiani dietro lo specchio del bagno, immobili, in attesa.
Doveva rasarsi per bene, il viso, le gambe e le mani che mai avrebbe permesso a Matteo di credere che le dita di Ada, le nervose dita di Ada, avevano dei peli su.

Le sue gambe erano molto più magre e lunghe di quelle di sua moglie. La gonna gli stava larga sui fianchi e mezzo tallone gli usciva fuori dalle scarpe, aveva dovuto tagliare il cinturino perché non riusciva a sganciarlo. Le calzette di nylon gli segavano appena sopra le ginocchia, dove già qualche minuto dopo averle indossate aveva una riga rossa che lanciava grida di guerra alle sue vene per ogni passo falso. E quel reggiseno riempito di ovatta puntava le tette finte dritto davanti lo specchio, contro la stessa faccia che stava ricoprendo di trucco imitando i gesti che gli erano rimasti nella memoria.
Ma quando ebbe finito si guardò meglio, si sorrise con le labbra lucide, decise che il rossetto andava tolto e si pulì con un pezzo di carta igienica. Sorrise di nuovo. Ciao Matteo.
Ancora non andava. Chiuse gli occhi con le ciglia più pesanti per via del rimmel, bevve un sorso d'acqua. Addolcì la voce, cercando di continuare a sorridere mentre di nuovo ripeteva, ciao Matteo.
Ancora, più leggera, via la sua pancia, stretta. Ciao Matteo, ciao Elio.
Ora sì.
Riaprì gli occhi, fissò se stessa nello specchio e salutò il suo ritorno.
Mi sei mancata, Ada.