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lunedì 14 gennaio 2008

seconda versione - con "aggiunta"

Sentì bussare così scese dalla ringhiera e andò ad aprire la porta.
Il vecchio entrò e le porse un uccellino di cristallo. Lei lo rigirò fra le mani osservandolo attentamente.
“È incredibile, è ancora intero? non si è nemmeno scheggiato!”
“Sì, è scivolato sugli ombrelloni del bar e mi è caduto sulla pancia proprio due minuti fa, mentre facevo colazione”
L’uomo era vestito in modo estremamente elegante, quasi retrò. Giacca e pantaloni di taglio perfetto in gessato grigio scuro, camicia bianca e cravatta rossa, bastone con il pomo argentato che brillava nell’atrio dell’appartamento della donna così come le quattro lamette che portava nel taschino della giacca aperte a ventaglio come un rigido fazzoletto.
La donna lo ringraziò per la gentilezza e lo accompagnò alla porta. Prima di uscire, fermo sull’uscio, le disse che il bar stava per chiudere. La moglie del barista aveva armeggiato con il forno con cui ogni mattina cocevano i cornetti, parlava da anni di voler mettere la testa dentro e aprire il gas per vedere cosa sarebbe successo e quanto tempo le sarebbe occorso per scoprire la verità.
Proprio mentre cadeva l’uccellino di cristallo, la donna aprì lo sportello, girò la manopola alla temperatura intermedia e infilò dentro la testa appoggiando la guancia sul piatto interno.
Il vecchio le spiegò diligentemente il rumore che si sentì e le reazioni del barista alla vista della moglie con un forno a microonde per cappello, che bestemmiò un pochino maledicendo quella donna distratta che non si era nemmeno accorta della sostituzione del forno a gas.
Il vecchio quindi la salutò mostrandole i polsi e girò sui tacchi con la leggerezza di un ballerino.
La donna uscì fuori sul balcone e posò nuovamente l’uccellino sulla ringhiera, poi vi salì anche lei.

Cercava di fissare l’orizzonte e di non abbassare gli occhi verso il vuoto, ma si sentì chiamare così piegò in giù la testa e guardò la strada. Una ragazza agitava un braccio verso di lei, in mano aveva una piccola rondine di legno. Allora si voltò e controllò la fila alla sua destra: in effetti, l’uccellino di balsa mancava all’appello.
Fece cenno alla ragazza di salire su, poco dopo era davanti la sua porta.
“Ho sentito qualcosa che mi cadeva in testa, fortuna che è leggera e che avevo il cappello...”
La ragazza si sedette a tavola senza aspettare un invito e guardò la caffettiera. La donna sospirò leggermente e poi cominciò a preparare il caffè, era in debito, quella ragazza con un sombrero enorme in testa aveva salvato la sua rondine.
“Ero uscita per un caffè ma al bar sta succedendo di tutto”
“Beh, lo prenderai qui, credo anche che il mio sia migliore... ho sentito, la moglie del barista, povera donna...”
La ragazza giocherellava con le sue collane colorate facendo scorrere il dito lungo la fila di pastiglie e capsule, sbadigliò, chiese scusa, allungò le mani verso la tazzina di caffè e disse che ne aveva proprio un gran bisogno e bevendo le raccontò cos’altro era successo al bar.
Il barista, alla vista del cadavere della moglie, prese la pistola, se la puntò alla tempia e fece fuoco facendosi saltare via l’orecchio destro e colpendo la pesante cappa sopra la friggitrice. Mentre era chinato e si teneva la guancia e il posto dove prima c’era il suo orecchio, la cappa si staccò dal soffitto e lo colpì sulla schiena e dietro la nuca. Rimase schiacciato lì sotto mentre l’ambulanza che era accorsa per la moglie, già ripartita da qualche minuto a sirene spente, veniva richiamata indietro da un anziano ed elegante signore che rimasto in mezzo la strada aveva cominciato a parlarle dell'essenzialità di una buona mira e della mano ferma in certi casi.
Non era riuscita a vedere in che stato fosse mentre lo caricavano sull’ambulanza vicino alla sua compagna perché in quel momento si sentì colpire in testa da qualcosa e tastando sul cappello, senza toglierselo, trovò la rondine.
La donna, alla fine del racconto, tolse la tazzina vuota dal tavolo e rimase in piedi a fissare la ragazza in silenzio finché questa non disse che per lei era arrivato il momento di andare via.
Alzandosi ringraziò nuovamente “avevi ragione, il tuo caffè è migliore di quello del bar”.
La donna sorrise, la salutò e ricambiò i complimenti per il suo caffè con degli altri, sinceri, per le collane negli sgargianti colori dei barbiturici.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Vorrei essere il tipo elegante...
Hai ragione, anche il post precedente (quanta attualità) era meritevole dello stesso commento.