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sabato 29 settembre 2007

VECCHI PORCI
I
La sussistenza del

I ragazzini del parco il più delle volte lo ignoravano. O si prendevano gioco di lui. Raramente gli rivolgevano la parola.
Ma quel pomeriggio gli avevano addirittura chiesto un parere sulla sussistenza o meno del rigore.
Sentiva un certo potere ora, sentiva di essere dentro qualcosa, poteva decidere per qualcuno.
Il ragazzino che aveva subito il fallo era ancora a terra, sollevando fra le braccia la gamba col ginocchio sbucciato si soffiava sulla ferita. L’altro, quello che lo aveva spintonato, scuoteva la testa disegnando col piede cerchi sulla polvere. Tutti gli altri lo guardavano aspettando il suo responso.
Sì, era rigore.
Capì di essersi fatto alcuni nemici, ma anche qualche amico.
Il ragazzino ferito uscì dal campo e si sedette vicino a lui.
La sua squadra perdette comunque, ma il rigore aveva dato loro un momento di vantaggio.
Finita la partita il ragazzino corse zoppicando via coi suoi compagni. Ma mentre si allontanava alzò un braccio in segno di saluto.
Fece il solito giro, panettiere, macellaio e alimentari all’angolo sotto il suo palazzo. Preferiva loro ai supermercati perchè quei negozianti conoscevano il suo nome. Elio. Era bello sentirlo pronunciare da qualcuno.
La televisione gli parlava, ma non lo chiamava mai in causa direttamente, e per i ragazzini era solo “ehi vecchio” o “ehi signore” quando erano in buona vena.
Gli piaceva il suo nome comunque, e a volte lo pronunciava ad alta voce in casa, cercandosi fra quelle mura mute. Si ritrovava allora davanti lo specchio con la cornice bronzata, si salutava sorridendo e sentendosi idiota.
Rientrando nel suo palazzo controllò la cassetta delle lettere, dalla griglia si vedeva una busta, era arrivata finalmente.
Posò la spesa sul piccolo tavolo in cucina e si sistemò sulla sua poltrona. Matteo aveva risposto.
Cara Ada...
Piegò le labbra nel breve sorriso che avrebbe avuto sua moglie nel leggere quella lettera, sentì quella sensazione di calore che avrebbe avuto lei, sentì di essere Ada, si immaginò di avere le sue mani con le dita lunghe e nodose per l’artrite, di scorrere con i suoi occhi cerulei quelle righe, di bisbigliare con la sua voce sottile quelle parole.
Pianse con le lacrime di lei, la lettera sul petto e la busta strappata fra i piedi.
Aprì la bottiglia di vino e con un bicchiere pieno davanti cominciò la sua risposta. Caro Matteo...
La sua calligrafia sulle prime storta e sgraziata diventò quella morbida di sua moglie e la mano prese a scorrere lungo il foglio senza righe.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

No, aspetta, ho capito bene?
Intensa... Ma il titolo è un giudizio? Scusa la presunzione di chiedere spiegazioni.

Malonzo

megafoni a blatero ha detto...

guarda, usciranno ancora due "capitoletti". rimando a dopo qualsiasi spiegazione.
permettiti sempre di chiedere, ok?
se so, rispondo.

Anonimo ha detto...

Grazie.

Malonzo