cominciamo da qui

martedì 29 aprile 2008

si potrebbe anche fare così

Bussai, tre colpi leggeri, e in breve venne ad aprire la porta. Entrando le porsi l'uccellino di cristallo. Lei lo rigirò fra le mani osservandolo attentamente.
"È incredibile, è ancora intero? non si è nemmeno scheggiato!"
"Sì, è scivolato sugli ombrelloni e mi è caduto sulla pancia proprio due minuti fa, mentre facevo colazione".
Mi affacciai dal balcone e indicai il punto, di sotto, dove c'erano i tavoli esterni del bar. Poi mi voltai verso la donna che era rimasta all'interno.
"Cos'è, vi preparate a migrare?".
La donna alzò solo un poco le spalle, senza rispondere. Uscì anche lei e accarezzò piano con l'indice della mano libera, nell'altra stringeva ancora la statuina di cristallo, la testolina del pappagallino.
Mi avvicinai interessato all'unico animaletto in carne e ossa posato sulla ringhiera del balcone, tenendo le braccia incrociate dietro la schiena le chiesi se non aveva paura che l'uccellino potesse scappare via.
Quella mattina, ero vestito in modo estremamente elegante, quasi retrò. Giacca e pantaloni di taglio perfetto in gessato grigio scuro, camicia bianca e cravatta rossa, bastone con il pomo argentato che al mio ingresso aveva brillato nell'atrio così come le quattro lamette che portavo nel taschino della giacca aperte a ventaglio come un rigido fazzoletto.
"Non ci ho mai pensato, a dire il vero, che potrebbe essere lui a lasciare me".
"Vedendoti ogni giorno pronta a partire, si convincerà anche lui che è arrivato il momento di considerare altre sistemazioni per l’inverno".
La donna mi ringraziò per la gentilezza e mi accompagnò alla porta. Prima di uscire, fermo sull'uscio, le dissi che il bar stava per chiudere. La moglie del barista aveva armeggiato con il forno con cui ogni mattina cocevano i cornetti, parlava da anni di voler mettere la testa dentro e aprire il gas per vedere cosa sarebbe successo e quanto tempo le sarebbe occorso per scoprire la verità.
Proprio mentre cadeva l'uccellino di cristallo, la donna aprì lo sportello, girò la manopola alla temperatura intermedia e infilò dentro la testa appoggiando la guancia sul piatto interno.
Le spiegai diligentemente le reazioni del barista alla vista della moglie con il microonde per cappello, che bestemmiò un pochino maledicendo quella donna distratta che non si era nemmeno accorta della sostituzione del forno a gas.
Quindi la salutai mostrandole i polsi e girai sui tacchi con la leggerezza di un ballerino.
Così è iniziata la giornata che voglio raccontarvi. Così è iniziata la giornata in cui lei cambiò idea. E io ve ne farò un resoconto dettagliato, mettendo insieme quello che ho visto con i miei occhi e udito con le mie orecchie e quello che immagino di tutti loro, perché ormai conosco questa città, e la sua gente, fin troppo bene. Ma sia chiaro, anche quando saranno mie inferenze, mi limiterò ai fatti, a ciò che immagino sia accaduto quel giorno, a ciò che immagino si siano detti fra loro quel giorno, e mai cercherò di spiegarvi le motivazioni e gli stati d'animo, lascerò, per quello che la mia prosa permetterà, che certe conclusioni nascano nella vostra testa.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

l'ultimo paragrafo non è male. a cosa pensavi quando l'hai scritto?
lavora di più sull'incipit. magari taglia l'ultimo paragrafo e mettilo come intro, oppure dopo alcune righe, a spezzare la scena e integrarla (potrebbe andare sotto "cos'è, vi preparate a migrare?", ad esempio).
semplifica, è ancora troppo cerebrale, rendi più scorrevole e semplice da capire. non nel senso di taglia, bensì nel senso da rendere tutto un attimo più accessibile e meno mentale. gioca di più, lasciati andare.
un'idea potrebbe essere alternare lo stato "interiore" dell'ultimo paragrafo con la storia in sé. prova a scrivere altri commenti alla storia, e poi alterna un po' di storia con un po' di commenti. vedi cosa esce fuori.
prova a concentrarti su meno particolari, e potenzia quelli, tipo le lamette, o altri messaggi nascosti dietro a degli oggetti, ma non essere così fuori dalla realtà. anche se fai surrealtà, devi essere più leggera e in un certo senso coi piedi per terra. poi troppi particolari rendono tutto troppo pesante. non so se ho reso l'idea.

megafoni a blatero ha detto...

>l'ultimo paragrafo non è male. a cosa pensavi quando l'hai scritto?

all'opera galleggiante di john barth e in particolare al suo primo capitolo

al fatto che il mio amico lorenzo aveva trovato il personaggio del vecchio molto interessante

a te che mi avevi detto di alleggerire e di "raccontare una storia" (che ora ci sia un narratore esplicito nasce da questo)

a manuel.

>un'idea potrebbe essere alternare lo stato "interiore" dell'ultimo paragrafo con la storia in sé.

sì, l'intenzione è quella...

>non so se ho reso l'idea

sì, spero di aver capito.

grazie,
ciao.